martedì 26 febbraio 2013

SETI. L'internet interstellare

Gli esperimenti SETI condotti fino ad ora non hanno rilevato nulla che possa somigliare ad un segnale di comunicazione interstellare. Per dirla con le parole di Frank Drake, del SETI Institute: "Ciò di cui siamo certi è che il cielo non è ingombro di potenti trasmettitori a microonde". Il grande fisico italiano Enrico Fermi osservò nel 1960 che se ci fosse una civiltà interstellare la sua presenza ci sarebbe evidente. Ciò è noto come il "paradosso di Fermi". Benché la fisica escluda la possibilità di viaggi a velocità "superluminali" (ossia più veloci della luce), nessuna legge fisica esclude la possibilità di compiere viaggi interstellari a velocità "subluminali", anche se la tecnologia che richiedono è notevole. Assumendo che le stelle distino in media l'una dall'altra circa dieci anni luce, che un viaggio interstellare possa essere condotto muovendosi ad una velocità pari al 10% di quella della luce, che ci vogliano quattro secoli affinché una colonia interstellare possa crescere fino al punto da lanciare a sua volta due nuove missioni interstellari, risulterebbe che il numero di colonie interstellari fondate da questa civiltà avanzata dovrebbe raddoppiare ogni 500 anni.

Questo porterebbe alla colonizzazione dell'intera galassia in cinque milioni di anni. Anche limitando la velocità dei viaggi interstellari all'1% della velocità della luce ed assumendo che occorra un millennio affinché una colonia possa lanciare due nuove missioni, questo significherebbe una completa colonizzazione della galassia in 20 milioni di anni. Un intervallo di tempo relativamente breve, se misurato sulla scala cosmica. Data l'assenza di segnali osservabili, nonché la mancanza di ogni prova definitiva di una visita di civiltà aliene su questo pianeta, Fermi concludeva che una tale civiltà interstellare non esiste. Questo è noto come il "paradosso di Fermi". Il fatto che le ricerche SETI non abbiano prodotto nulla di molto interessante fino ad ora non è di per sé causa di disperazione. Come visto in precedenza, cercare un'altra civiltà nello spazio è un'impresa difficile, inoltre noi abbiamo finora indagato in una piccola frazione dello spettro dei possibili bersagli, delle possibili frequenze, dei possibili livelli di potenza e così via. I risultati fin qui negativi pongono limiti sulla prossimità di certe "classi" di civiltà aliene, classificate come proposto dal ricercatore SETI sovietico Nikolaj S. Kardašev nei primi anni '60 - chiamata scala di Kardašev - ed in seguito espansa da Carl Sagan. In questa classificazione, una civiltà di "tipo I" è una in grado di sfruttare l'energia solare che cade su un pianeta di tipo terrestre per produrre un segnale interstellare; una di "tipo II" è in grado di utilizzare l'energia di un'intera stella; una di "tipo III" è in grado di fare uso di una galassia intera.

Valori intermedi vengono assegnati tramite una scala logaritmica. Assumendo che una civiltà aliena stia effettivamente trasmettendo un segnale che noi siamo in grado di ricevere, le ricerche finora eseguite escludono la presenza di una civiltà di "tipo I" nel raggio di 1.000 anni luce, benché possano esistere molte civiltà paragonabili alla nostra entro poche centinaia di anni luce che sono rimaste inosservate. Un'analisi analoga dimostra che non ci sono nella nostra galassia civiltà di "tipo II" osservabili. Nei primi anni di SETI i ricercatori supponevano che tali civiltà avanzate fossero comuni nella nostra galassia. È scoraggiante constatare che non sembra essere così. Comunque è importante far osservare che i nostri esperimenti SETI sono basati su ipotesi su tecnologie e frequenze di comunicazione che per altre civiltà (dotate di senso dell'umorismo) potrebbero essere ridicole. La mancanza di risultati non implica la conclusione che civiltà aliene non esistano, implica solo che le nostre più ottimistiche ipotesi per contattarle si sono dimostrate irrealistiche. C'è un altro fattore che contribuisce al perché non riusciamo ad avere prova dell'esistenza di un gran numero di società aliene. È il tempo. Il nostro sole non è una stella di prima generazione. Tutte le stelle di prima generazione sono o molto piccole e fioche, o esplose, o spente.

Questa prima generazione di stelle ha prodotto gli elementi pesanti necessari alla creazione dei pianeti e delle forme di vita. Le generazioni successive di stelle, cui il Sole appartiene, sono nate e morte o moriranno a loro volta. La nostra galassia ha più di 10 miliardi di anni. Durante tutto questo tempo molte forme di vita intelligente e molte civiltà tecnologiche possono essere nate e morte. Assumendo che una specie intelligente possa sopravvivere dieci milioni di anni, ciò significa che solo lo 0,1% di tutte le società che si sono avvicendate nella storia della nostra galassia esistono oggi. Il divulgatore scientifico Timothy Ferris ha ipotizzato che se le civiltà galattiche fossero transitorie, allora dovrebbe esistere una rete di comunicazioni interstellari che consiste principalmente di sistemi automatici che raccolgono le conoscenze di civiltà estinte e le ritrasmettono attraverso la galassia. Ferris l'ha definita una "internet interstellare" con i vari sistemi automatici a fungere da server. Ferris aggiunge che se tale rete esiste, le comunicazioni tra i server devono principalmente avvenire tramite segnali radio o laser a banda stretta ed elevata direzionalità. Intercettare tali segnali è, come visto in precedenza, molto difficile, tuttavia la rete potrebbe mantenere alcuni nodi ad ampia trasmissione (broadcast) nella speranza di raccogliere segnali di altre civiltà.

L'internet interstellare potrebbe essere là fuori in attesa che noi escogitiamo il modo di collegarci ad essa. Tuttavia, l'idea che nella nostra galassia esista una sorta di "internet interstellare" non deve farci credere in modo assoluto che le comunicazioni tra server e client avvengano utilizzando mezzi già conosciuti dalla nostra civiltà. La fisica trasmissiva "entanglement" rilevata nei quark e nelle particelle-Z (Barioni) potrebbe essere una alternativa valida per la trasmissione quasi-istantanea delle informazioni tra sistemi stellari differenti, superando il limite cosmico rappresentato dalla velocità-limite della luce e degli effetti relativistici ad esso correlati. Purtroppo, la nostra tecnologia non è ancora in grado di capire a fondo i principi di trasmissione legati all'entanglemet.I prossimi anni e le ricerche del CERN a Ginevra e del sincrotrone KKK in Giappone forse porteranno a qualche risultato in più. Un interessante libro di SCI-FI che parla di una rete "internet interstellare" è ben descritta nel romanzo "Universo incostante" di Vinge Vernor, Editrice Nord.

(Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera)

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