Secondo il racconto biblico l’ arca di Noè era una grande imbarcazione costruita per ordine di Dio per salvare Noè, la sua famiglia e tutte le specie animali da un grande diluvio che avrebbe colpito il nostro pianeta. La storia narrata nella Bibbia presenta delle somiglianze con il mito sumero dell'epopea di Gilgamesh, che narra di un antico re di nome Utnapishtim che fu invitato dal suo dio personale a costruire un battello, nel quale avrebbe potuto salvarsi dal diluvio inviato dal consesso degli dei. Altre versioni di un mito analogo si incontrano in molte culture nel mondo.
L’ultimo racconto pre-biblico dell’ arca è stato scritto da Beroso, sacerdote del dio Marduk a Babilonia, nel 275 a.C. Le misure che il sacerdote dà dell’ arca sono le seguenti: lunghezza 5 stadi (900 m), larghezza 2 stadi (360 m). In altre versione le lunghezze naturalmente sono differenti. Sono circa 80.000 le opere che sono state scritte sul diluvio universale. Nell’ epopea di Gilgamesh, il luogo d’approdo dell’ Arca non è il monte Ararat, ma il monte Nisir. Tuttavia sono stati molti i personaggi che hanno affermato di aver scoperto i resti della nave sull’ Ararat. E’ importante notare che la stessa Genesi biblica non indica in realtà come luogo d’approdo l’ Ararat, ma le montagne dell’ Ararat, quindi una vasta zona che nei documenti assiri veniva chiamata Urartu. E’ probabile l’ arca di Noè terminò la sua corsa sulle alture del Kurdistan, verso Mahabad.
Qualunque sia la verità sull’ arca rimane pur sempre il fatto che doveva trattarsi di uno scafo enorme, alto 7 piani e dotato di circa 63 cabine, mosso da forze che sfuggono forse alle nostre attuali conoscenze scientifiche. Non bisogna dimenticare che riuscì a resistere per un intero anno, a una delle più incredibili catastrofi che hanno colpito in epoche remote la Terra. La parte seguente è tratta da wikipedia: La ricerca dell’ Arca Nel 1829, il medico Friedrich Parrott, dopo una scalata al monte Ararat, scriveva nel suo viaggio ad Ararat che -tutti gli Armeni sono fermamente convinti che l'arca di Noé resti tuttora sulla cima dell'Ararat e che, allo scopo di preservarla, nessun essere umano è autorizzato ad avvicinarsi alla città. Nel 1876, James Bryce, storico, uomo politico, diplomatico, esploratore e professore di diritto civile alla università di Oxford, scalò oltre l'altitudine fino alla quale si possono trovare gli alberi e trovò una trave di legno lavorata a mano, di una lunghezza di 1,30 m e di uno spessore di 12 cm. Lo identificò come un pezzo dell'arca. Nel 1883 il British Prophetic Messenger e altri giornali segnalarono che una spedizione turca che studiava le valanghe aveva potuto scorgere i resti dell'arca.
Nel corso della guerra fredda, il monte Ararat si trovò sulla frontiera molto sensibile tra la Turchia e l'Unione sovietica, così come pure nel bel mezzo della zona d'attività dei separatisti curdi, di modo che gli esploratori si esponevano a rischi particolarmente elevati. L'ex astronauta James Irwin condusse due spedizioni sull'Ararat negli anni 1980, fu anche rapito una volta, ma non scoprì alcuna prova tangibile dell'esistenza dell'arca. -ho fatto tutto ciò che mi era possibile-, ha dichiarato, -ma l'arca continua a sfuggirci.
All'inizio del XXI secolo esistono due principali percorsi di esplorazione: fotografie aeree o via satellite hanno messo da un lato in evidenza ciò che si decise di chiamare l 'anomalia dell'Ararat, che mostra non lontano dal vertice della montagna una macchia nera e sfocata sulla neve ed il ghiaccio. Ma occorre soprattutto citare qui il sito Durupinar (battezzato così in onore del suo scopritore, l'ufficiale turco di informazioni Ilhan Durupinar), vicino a Dogubeyazit e a 25 chilometri a sud dal monte Ararat. Durupinar - che consiste in una grande formazione rocciosa con l'aspetto di una barca che esce dalla terra - ha ricevuto un'ampia pubblicità grazie all'avventuriero David Fasold negli anni '90. La località, rispetto al monte Ararat, ha il grande vantaggio di essere facilmente accessibile. Senza essere una grande attrazione turistica, riceve un flusso continuo di visitatori.
Su Durupinar non c'è unanimità tra gli studiosi, alcuni sostengono che sia una formazione naturale altri invece negano con forza questa ipotesi. La grande barca -pietrificata- ha sempre i suoi avvocati difensori e i suoi detrattori.
Fonti:
(Valentino Compassi, Dizionario dell’ Universo Sconosciuto, Sugarco Edizioni)
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