giovedì 12 luglio 2012

Il regno di Prete Gianni

Il Prete Gianni rappresenta un personaggio leggendario molto popolare in epoca medievale, tanto che, secondo i poemi del ciclo bretone, il Santo Graal sarebbe stato trasportato proprio nel suo regno. Ludovico Ariosto ne fa uno dei personaggi del suo Orlando furioso con il nome di Senapo, re d'Etiopia che Astolfo libera da una maledizione divina che lo costringeva a soffrire in eterno la fame. La prima notizia che lo riguarda e lo cita giunse in occidente in modo romanzesco nel 1165.

L'imperatore bizantino Manuele I Comneno ricevette una strana lettera, da lui poi girata a papa Alessandro III e a Federico Barbarossa. Il mittente delle missive si qualificava come: -Giovanni, Presbitero, grazie all'Onnipotenza di Dio, Re dei Re e Sovrano dei sovrani-. La lettera, in termini eccessivamente ampollosi anche per quei tempi, descriveva il regno di questo re e prete dell'estremo oriente. Si trattava di domini immensi: egli, definendosi -signore delle tre Indie-, diceva di vivere in un immenso palazzo fatto di gemme, tenute insieme da oro usato come cemento, ed aveva non meno di diecimila invitati ad ogni pasto. Sette re, sessantadue duchi e trecentosessantacinque conti gli facevano da camerieri.

Tra i suoi sudditi non annoverava solo uomini, ma anche folletti, nani, giganti, ciclopi, centauri, minotauri, esseri con la testa di cane, creature con la faccia sul petto e senza testa, esseri con un gigantesco piede solo, che si spostavano strisciando sulla schiena e che si facevano ombra col loro stesso piede. Insomma, tutto il campionario di esseri favolosi di cui hanno parlato le letterature e le leggende medievali. I due imperatori non diedero peso più di tanto a quel fantasioso testo. Il papa, per puro scrupolo, mandò una lettera di pochissime parole, in cui lo informava che, una volta giunte notizie più precise, avrebbe inviato il vescovo Filippo da Venezia, nella duplice veste d'ambasciatore e di missionario, per istruire il Prete Gianni nella dottrina cristiana. È da notare che il mitico personaggio si era definito seguace dell'antica eresia nestoriana, condannata al Concilio di Efeso, secondo la quale le due nature di Gesù erano rigidamente separate, ed unite solo in modo morale, ma non sostanziale.

La corrispondenza si concluse così. Viaggiatori medievali Circa venti anni dopo, il vescovo Otto Freising scrisse di aver incontrato in Siria un monaco che gli aveva parlato di un sovrano cristiano, re e sacerdote, che regnava su un grande impero posto oltre l'Armenia e la Persia, ma prima dell'India e della Cina. Passò un altro mezzo secolo. Fra' Giovanni dal Pian del Carpine, che, in veste di ambasciatore del Papa in Estremo Oriente, aveva assistito all'incoronazione del terzo Gran Khan Kuyuk, nella cronaca dei suoi viaggi (Historia Mongolorum) narra di come il successore di Gengis Khan, Ogüdai, era stato sconfitto dai sudditi di un re cristiano, il Prete Gianni, conosciuti come -Quegli Indiani chiamati Saraceni neri, o anche Etiopi-. Marco Polo, nel Milione, fornisce una versione molto più elaborata della storia.

Il Prete Gianni è descritto come un grande imperatore, signore di un immenso dominio esteso dalle giungle indiane ai ghiacci dell'estremo nord. I Tartari erano suoi sudditi, gli pagavano tasse ed erano l'avanguardia delle sue truppe. Questo fino al giorno in cui non elessero Gengis Khan loro khan. Quest'ultimo, come riconoscimento della propria indipendenza, chiese in moglie una figlia del Prete Gianni. Avutone un rifiuto, gli mosse guerra. Una serie di eventi sensazionali accompagnarono la campagna militare che si chiuse con la vittoria tartara. Per circa un secolo, nessuno più parlò di tale personaggio. Scoperte geografiche Tornò agli onori delle cronache all'improvviso. Sino a quel momento, tutti coloro che avevano parlato del regno del Prete Gianni avevano detto di star riferendo voci.

Un viaggiatore inglese, John Mandeville, raccontò invece che vi era stato; nel 1355 fu in cura presso il medico di Liegi Jean de Bourgogne e, al momento di andarsene, gli lasciò il manoscritto delle sue memorie. Il testo vide una diffusione enorme, ma nel 1371, in punto di morte, il medico belga confessò di essersi inventato tutto. I viaggi del gentiluomo inglese inoltre descrivono ed accreditano tutte le favole precedenti e ne aggiungono altre. Unico particolare, sembra che lascino pensare ad una localizzazione africana anziché asiatica. Tale tesi conquistò il re Giovanni II del Portogallo che nel 1489 inviò un'ambasceria in Egitto, proprio con lo scopo di giungere nel paese del Prete Gianni. I messi raggiunsero l'Etiopia, dove trovarono davvero dei re cristiani sottomessi ad un imperatore (Negus) che si proclamava discendente di re Davide.

Quest'ultimo mandò a sua volta ambasciatori a Lisbona. I geografi cominciarono ad indicare l'Etiopia come -Regno del Presbitero Giovanni- e storici come Giuseppe Scaligero ipotizzarono che, un tempo, i domini etiopi giungessero sino alla Cina. Ben presto, però, ci si rese conto che non era così. Il Prete Gianni è citato anche su carte geografiche tardo-medievali, come il mappamondo di Martin Behaim. Mito o figura storica? Forse però non si tratta solo di una figura mitologica. Nel 1926, il giornale cattolico americano The Catholic World pubblicò un articolo, firmato John Crowe, in cui si sosteneva che in Asia esiste un Re-sacerdote: il Dalai Lama. Ne consegue che il regno del Prete Gianni sarebbe stato il Tibet. Pur non potendolo escludere, c’è da ricordare che le ricerche più recenti hanno appurato che forse il più vicino alla realtà era proprio Marco Polo.

La Chiesa Cristiana Nestoriana (detta anche, impropriamente, assira) ha, ancora oggi, la sua testa gerarchica in territori che oggi, politicamente fanno parte di Iraq, Iran e Afghanistan e che, anticamente, erano Persia ed il grosso dei fedeli è concentrato oggi in India, ma nel corso del VI e VII Secolo espletò un'intensa attività missionaria in Asia Centro-Orientale, in particolare tra le popolazioni turco-mongole, (ma anche in Tibet, Siam e nella stessa Cina). Fra tali missionari, si ricorda la figura del monaco siriano Alopen, che, nell'anno 635, ottenne dall'imperatore cinese T'ai-tsung il permesso di costruire chiese e monasteri e di importare 530 libri religiosi e tradurne in cinese 35. Anche alcuni sovrani Uiguri (attuale Sinkiang Uighur, Cina occidentale) e Mancesi (Manciuria, Cina nord-orientale) si convertirono a questa fede. Una popolazione tartaro-uigura, l'etnia dei Kara Khitay (vocabolo turco che vuol dire cinesi neri, da cui forse i saraceni neri detti etiopi di Fra' Giovanni dal Pian del Carpine), formò un immenso impero esteso, al momento della massima espansione, dalla Cina settentrionale e dall'Altai al Lago d'Aral, che durò tra X, XI e XII secolo.

Si tratta della dinastia e del popolo che gli storici cinesi chiamano Liao. Il suo più grande condottiero fu il khan Yeliutashi. Sconfisse Arabi, Tartari, Turchi, Cinesi e Russi, e regnò dal 1126 al 1144. Yeliutashi era cristiano nestoriano, come lo erano molti suoi sudditi. Alla sua morte l’impero si divise. L’ultimo della sua dinastia fu Toghrul, di cui Gengis era nominalmente vassallo e che tale rimase fin che non lo sconfisse. Ancora ai tempi di Marco Polo un esponente di questa dinastia regnava sugli Uiguri, vassallo di Kublai Khan. Nel 1292 Fra' Giovanni da Monte Corvino sostenne di averne conosciuto il successore, di nome Giorgio, e di averlo convertito al Cattolicesimo.

(Fonte: Wikipedia)

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