Nel corso della vita capita a tutti prima o poi di notare delle strane coincidenze che si manifestano nella nostra esistenza con una tale ciclicità da apparirci bizzarre e misteriose. A chi non è capitato almeno una volta di pensare a qualche amico e di incontrarlo o di riceverne una telefonata pochi istanti dopo? Altre volte una situazione problematica ci affligge e all’ improvviso conosciamo qualcuno che ci aiuta a risolverla dandoci dei validi consigli.
Per la scienza questi eventi non sono altro che coincidenze, legate alle leggi della casualità. Altri ritengono che si tratti di un vero e proprio fenomeno chiamato sincronicità. Il primo ad utilizzare il termine sincronicità fu Carl Jung nel 1950 che lo creò appunto per descrivere la connessione fra eventi psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo e fra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato.
La sincronicità è relativa quindi alle coincidenze significative. Negli anni trenta Jung incontrò Wolfgang Pauli, un fisico austriaco premio Nobel nel 1945. Pauli era reduce dal fallimento del suo matrimonio e si era trasferito in Svizzera in cerca di un aiuto terapeutico. La terapia non ebbe grande successo e Pauli quindi l'abbandonò, ma i due divennero amici e cominciarono insieme delle ricerche. L'incontro tra Jung e Pauli generò il quarto escluso dalla triade della fisica classica: tempo, spazio e causalità, a questo quarto escluso è stato dato appunto il nome di sincronicità.
In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso spazio in tempi diversi, venne ipotizzata l'esistenza di un principio che mette in connessione due fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi. Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi nel volume Naturerklärung und Psyche: il saggio di Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero; il saggio di Jung era intitolato "Sincronicità come principio di nessi acausali", dove per la prima volta lo psicologo definì la parola. Per sue stesse parole, si era limitato per venti anni fino allora ad accennarne solamente il concetto, perché riteneva di essere scientificamente impreparato.
Nel saggio tentò un’ analisi statistica di eventi acausali ma senza grande successo. Lo stesso Jung provò imbarazzò verso la comunità scientifica per l'indefinitezza del suo studio, ma tuttavia si sentì pressato e giustificato dalle proprie esperienze personali che lui considerava evidenze empiriche, fenomenologie su cui lavorare con metodo scientifico.
(Fonte: Wikipedia)
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